“Salve, sono Francesca e mi sto apprestando a scegliere un corso di laurea. Mi piacerebbe iscrivermi a Scienze della Comunicazione, ma molti amici me lo hanno sconsigliato, dicendo che non offre sbocchi effettivi nel mondo del lavoro. Voi che vi occupate di lavoro e comunicazione che cosa ne pensate?”
Oggi ho deciso di rispondere a Francesca e a chiunque altro sia nella sua stessa condizione esistenziale di dubbio nei confronti di una delicata scelta di vita come quella del corso accademico da seguire. Questa decisione implica diversi fattori che a volte avvertiamo in noi come conflittuali: riuscire ad armonizzarli è il primo passo da fare, e per compierlo si deve cercare di evitare l’influenza di parenti e amici. La scelta riguarda solo voi, il vostro futuro e i vostri interessi: quelli che poi si troveranno a studiare voluminosi tomi sarete voi, quindi il mio primo consiglio è di scegliere secondo coscienza quello che avvertite come più interessante e stimolante, indipendentemente dagli sbocchi lavorativi. Infatti spesso le possibilità che offre un corso di studi si comprendono solo durante il percorso stesso e non è detto che non varieranno: specialmente nel campo della comunicazione le professionalità si riconfigurano ogni momento; alcune spariscono, altre nuove compaiono, altre subiscono un refresh sostanziale che può spesso portare alla comparsa di orizzonti che nessuno di noi poteva prevedere a priori.
E’ scorretto affermare che la laurea in Scienze della Comunicazione non offra impiego, anzi è uno fra i corsi accademici che più apre diverse possibilità in uscita poiché nel suo piano di studi prevede l’approfondimento di una vasta gamma di materie, quali quelle linguistiche, letterarie, interculturali, economiche, psicologiche e sociali, oltre che avvicinare notevolmente il discente all’ormai irrinunciabile ambiente digitale.
La multidisciplinarità degli studi in comunicazione spalanca tante vie professionali: giornalismo, editoria, pubblicità, marketing, ufficio stampa, public relations sono i più frequenti sbocchi lavorativi. Io stessa sono laureata in Comunicazione e poi sono diventata giornalista e agente letteraria; alcuni miei compagni di corso hanno invece scoperto in fieri altri interessi e dopo la triennale hanno poi dirottato su discipline più tecniche come l’economia e il marketing o come la programmazione informatica, specializzandosi in campi collaterali alla pura comunicazione dove tuttavia hanno avuto buon gioco su altri candidati proprio per la loro importante e solida base accademica nelle scienze della comunicazione.
L’unico problema effettivo di questo corso di laurea è che, negli ultimi dieci anni, si è saturato, nonostante l’introduzione delle graduatorie a numero chiuso. Questo porta all’effettiva e conseguente diminuzione delle aspettative di impiego in tal senso, e questo forse intendevano i tuoi amici. Del resto però questa situazione si sta presentando anche per altri campi professionali, come l’infermieristica, la giurisprudenza o la psicologia. Solo che se ne parla meno. Tuttavia contemporaneamente sta anche avvenendo un calo drastico di iscrizioni presso le università italiane, proprio per la mancanza di fiducia da parte dei giovani nel loro valore professionalizzante. Come vedi, i fattori da considerare sono davvero tanti e sarebbe necessario realizzare una vera e propria mappa concettuale per raccoglierli tutti e scegliere ciò che appare più razionale. Ma la passione e l’inclinazione personale devono essere sempre tenute in primo piano in questo genere di scelte. La comunicazione rappresenta certamente una delle facce del futuro anche per il lavoro. Tienilo sempre a mente.
E soprattutto, trovare lavoro – in qualsiasi settore – dipende molto da se stessi e dai percorsi che si costruiscono nel tempo con la voglia di fare e di farsi notare. La fiducia è il primo passo, sempre.
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