Essere continuamente connessi, e non serviva una ricerca per ricordarcelo, rischia di compromettere la vita off-work.
A sottolineare questa massima anche Marcus Butts dell’università del Texas di Arlington ha scritto così sull’Academy of management journal «Ricevere e-mail o messaggi dal proprio datore di lavoro o dai colleghi una volta tornati a casa può rendere ancora più aspro il conflitto ‘lavoro-non lavoro’ fuori dall’ufficio»
Buttse nella sua ricerca ha chiesto a 341 lavoratori di rispondere per una settimana a domande sulla relazione tra elementi della comunicazione moderna (e-mail e messaggi) fuori dall’orario di lavoro, nello specifico sottolineando le reazioni di tipo emotivo e il conflitto lavoro-non lavoro.
«Le persone che vogliono tenere ben separati il lavoro e la vita personale sono quelle che risentono di più dell’interferenza di questi messaggi lavorativi fuori orario e reagiscono in modo negativo quando li ricevono» – spiega il ricercatore.
Per ovviare allo stress tipico da “comunicazione inaspettata e fuori orario” l’autore propone un vademecum su come rapportarsi con i colleghi dopo la chiusura degli uffici per messaggio: «La chiave è sviluppare regole e ritmi di comunicazione cuciti su misura per ciascun dipartimento dell’azienda».
Attraverso un percorso di formazione in tal senso i “capi” dovrebbero capire cosa scrivere e non scrivere nelle mail come nei messaggi inviati oltre l’orario di lavoro oppure fissare limiti orari oltre i quali non è permesso inviare comunicazioni di lavoro. Inoltre le nuove modalità di messaggistica prevedono spunte e notifiche se il messaggio è stato letto. Inutile dire che questo non può far altro che creare aspettative e tensioni nel caso di una non-risposta.
Si tratta, spiega l’autore, di norme che devono essere adattate al tipo di lavoro e alla mansione di chi scrive-riceve, fermo restando il rispetto in questo “nuovo” approccio di comunicazione professionale che può rendere più gestibile lo stress lavorativo.