Il 21 Marzo nella sala Executive di San Siro la Fondazione Candido Cannavò che ha condiviso il piano delle sue attività, La Gazzetta Dello Sport e la Comunità Nuova Onlus ci invitano al Candido Day in collaborazione con l’Assessorato al Benessere, Qualità della vita e Sport del Comune di Milano e il Consolato Generale del Sudafrica.
La mattinata è ricca di ospiti, tra cui il direttore della Gazzetta dello Sport A.Monti, Demetrio Albertini dirigente sportivo ed ex calciatore, M.Uva Direttore Generale FIGC, il vicepresidente Uefa G.Abete, , A.Cannavò giornalista, il Console Generale del Sudafrica Saul Molobi, F.Sansone vicedirettrice generale Figc, E.Trifari direttore Fondazione C.Cannavò.
Le tematiche sono molteplici, si parla dell’opinione poco favorevole di Candido sulla moviola e sull’ingresso delle tecnologie che secondo lui avrebbero stravolto completamente il mondo del calcio, riluttanza dovuta alla sua visione di sport romantica e intangibile, del punto di vista privilegiato dello spettatore che è a casa, del prendere atto dell’evoluzione del rapporto media-evento sportivo.
Intervengono anche due giocatrici del Brescia si intavola così il tema donne e sport si discute dell’accorgersi di essere più a proprio agio con i bambini perché praticano lo sport che si desidera, della difficoltà anche da parte dei genitori ad accettare che una bimba possa preferire il calcio al mini volley per la convinzione che possa magari influire sull’estetica del corpo femminile e di quanto possa dare questo sport.
Si ribadiscono i limiti nel calcio per le donne, questo sport è considerato ancora “da maschiacci” nonostante le cose stiano migliorando rispetto a 30anni fa… ”tutto ciò che è nuovo spaventa, vanno sicuramente sostenute le calciatrici, per emergere hanno sicuramente più difficoltà”.
Nella vita privata la loro mise può essere sia casual che elegante ma la costante associazione che se ne fa è ingiusta, le donne vogliono essere giudicate per quello che sanno fare in campo.
Numerose sono le riflessioni “a volte ci si dimentica che con la sana competizione sportiva si impara, mediamente è vero che vince il più forte ma chi non è forte può appunto imparare dal più forte… ma anche questo non basta, bisogna avere la capacità di accettare che anche essendo i più forti ci sono altri fattori quali gli imprevisti, gli infortuni: la vita non è prevedibile”
Nella Giornata contro il razzismo si ricordano: gli episodi di Madrid e Roma dei quali Cannavò avrebbe sicuramente scritto, quanto lo sport non sia una metafora ma un pezzo di vita e che bisognerebbe intervenire contro la terribile deriva dei tifosi verso sopraffazione e la ferocia.
Qualche minuto prima del lunch riesco ad avvicinare Abete e gli chiedo come sia possibile che in Italia non siamo in grado di garantire gli stadi come luoghi sicuri con protagonista solo lo sport, come accade ad esempio in Inghilterra e il da farsi in merito al sistema sanzionatorio…
Ecco la risposta di Abete in esclusiva per noi di media Comunicazione:
“Il punto è che la risposta a comportamenti di maggiore qualità non è collegata solo al sistema sanzionatorio ma soprattutto a una dimensione culturale di rispetto che in alcuni paesi è superiore perche c’è un’integrazione storicamente molto più consolidata”.
E qui ammetto che mi stava sfuggendo la citazione di qualche politico nostrano in merito agli immigrati e al loro permanere nel nostro paese ma con molto autocontrollo mi sono trattenuta e ho lasciato continuare Abete: “Quindi ridurre tutto a sistema sanzionatorio ed effetti non è sufficiente, tenendo conto che esso in tutte le competizioni internazionali è lo stesso( uefa e fifa )da un punto di vista operativo l’Italia ha recepito tutte le normative UEFA anzi dopo recenti episodi si ipotizza anche che il sistema sanzionatorio dalla prossima stagione venga allargato anche alle espressioni verbali in campo come prova tv, perche è evidente che già oggi lo è ma senza quest’ultima quindi penso che c è stato un gran dibattito tra le normative uefa e figc negli anni passati su chi fosse il soggetto titolato a interrompere la gara nel momento in cui ci fossero state queste espressioni. In Italia oggi quando c è un interruzione provvisoria , il soggetto titolato rimane l’ arbitro quando è definitiva è un responsabile dell’ ordine pubblico; di fatto anche nella normativa uefa si dice che è l’arbitro che sospende la gara ma solo con la condivisione del responsabile. Questo perché prevalgono le dimensioni di rischio collegate al contenitore stadio rispetto all’ evento in quanto tale (pensiamo solo per esempio a fare defluire 70000 spettatori …).”
Io: qui l’elemento xenofobo è più forte rispetto agli altri paesi…
Abete: “Si quindi come tale il sistema sanzionatorio è costantemente aggiornato il problema non è quello… perché esso è più pregnante e più incisivo la differenza la fa la logica culturale e la capacità in qualche modo di intercettare delle culture di discriminazione.”
Io: quindi si dovrebbe intervenire da quando si è piccoli, nelle basi, nella formazione, nell’educazione….
Abete: “Bisogna lavorare in profondità , molto in profondità….”
Una mattinata dedicata al giornalismo allo sport e alla lotta al razzismo che ci ricorda “Lo sport deve migliorare oltre che il corpo lo spirito”: #tweetoffracism